Non molto tempo fa ho sentito una scrittrice dire che per scrivere bisogna essere tristi.
L'ho trovata una banalità senza precedenti.
Non credo che essere tristi sia una condizio sine qua non per essere artisti.
Credo però che sia essenziale l'empatia.
Senza empatia non si ha la possibilità di trasmettere nessun tipo di emozione.
E un artista che non trasmette emozioni non è un artista.
Devo dire che questo è un gran brutto momento per la mia anima fatta di ricordi indotti e sogni conto terzi.
Dopo Faletti se ne va Mork.
E se ne va male, se ne va, pare, per scelta.
Questa vita è difficile per tutti, per chi ha un'anima di più. Molto di più.
Non sopporto e non sopporterò di sentire le solite scontate asserzioni: aveva tutto, non sanno accontentarsi, non riescono a dare il giusto peso alle cose, con tutta la gente che sta male al mondo.
Penso che per riuscire a far ridere, piangere, riflettere, accapponare la pelle bisogna saper ridere, piangere, riflettere e trovare cose che di fanno accapponare la pelle.
E questa dote non è ad intermittenza, non esiste uno switch, un on off da girare per tornare ad avere un equilibrio.
Vivere di emozioni è vivere costantemente su di un'altalena, nel suo caso, probabilmente, spinta con troppa forza da un mondo fatto di troppi stimoli, notizie, situazioni.
Non si può pensare che non abbia sentito un brivido lungo la schiena mentre, in piedi su di una cattedra, ci esortava a cambiare prospettiva, mentre diventava per sempre capitano mio capitano.
Ha sicuramente sentito la magia che abbiamo avvertito noi mentre un bimbo sperduto lo riconosceva, nonostante gli anni passati, tirandogli il viso in una sorta di sorriso e sorridendo a sua volta lo salutava dicendo eccoti qua Peter.
E cosa dire di quel Goooodmornig Vietnammmmmm così stridente e forzatamente allegro urlato nel bel mezzo di uno dei più grandi abomini e scelleratezza della storia umana. Un posto in cui la morte era di casa e il cinismo un modo per sopravvivere. Non ne siamo passati indenni noi, che abbiamo visto il ciak finale, chissà cosa deve essere stato calarsi in quella parte.
Per non parlare del suo psicologo alle prese con un geniale ragazzo a cui aprire il suo cuore per ottenere che lui facesse altrettanto. Anche se quel cuore conteneva lo strazio di una perdita senza senso con cui era impossibile arrivare ai patti.
E poi l'uomo bicentenario che si spegne per amore, il dottore che ha capito che un sorriso guarisce a volte di più di tante pastiglie e Mork, che non sarà stato così profondo ma ha fatto ridere una generazione e cambiato il significato alla parola nano.
Anche se, di tutto quello che ha fatto, e ha fatto tantissimo, quello che mi ha segnato di più è stato quando, con la forza delle disperazione, raggiunto il paradiso dopo la tragica fine dei suoi ragazzi, decide di scendere all'inferno per cercare la persona della sua vita che, ironia della sorte, è l'unica ad andarsene per scelta, incapace di sopportare il peso di un destino troppo pesante e devastante.
E, altra ironia, perché il karma non difetta di un terribile senso dell'umorismo, anche lei è un'artista.
Alla fine del film la trova e non riuscendo a smuoverla decide di rimanere con lei nel pozzo della sua disperazione, non sapendo che grazie a questa scelta la riporterà con sé nella luce.
La conclusione è stupenda.
Decidono di lasciare i loro ragazzi in paradiso e di rinascere.
Lei si preoccupa, teme di non ritrovarlo ma lui la rassicura ti ho trovata all'inferno, dici che non ti trovo nel New Jersey.
E la trova, perché le anime affini si trovano sempre.
Troppe emozioni ci hai regalato perché questo non ti toccasse dentro.
Buon viaggio e buon volo Robin...tornerai, in qualche modo lo farai, spero dal profondo del mio cuore che ci sia qualcuno disposto a scendere all'inferno per te fermamente intenzionato a riportarti su.
L'ho trovata una banalità senza precedenti.
Non credo che essere tristi sia una condizio sine qua non per essere artisti.
Credo però che sia essenziale l'empatia.
Senza empatia non si ha la possibilità di trasmettere nessun tipo di emozione.
E un artista che non trasmette emozioni non è un artista.
Devo dire che questo è un gran brutto momento per la mia anima fatta di ricordi indotti e sogni conto terzi.
Dopo Faletti se ne va Mork.
E se ne va male, se ne va, pare, per scelta.
Questa vita è difficile per tutti, per chi ha un'anima di più. Molto di più.
Non sopporto e non sopporterò di sentire le solite scontate asserzioni: aveva tutto, non sanno accontentarsi, non riescono a dare il giusto peso alle cose, con tutta la gente che sta male al mondo.
Penso che per riuscire a far ridere, piangere, riflettere, accapponare la pelle bisogna saper ridere, piangere, riflettere e trovare cose che di fanno accapponare la pelle.
E questa dote non è ad intermittenza, non esiste uno switch, un on off da girare per tornare ad avere un equilibrio.
Vivere di emozioni è vivere costantemente su di un'altalena, nel suo caso, probabilmente, spinta con troppa forza da un mondo fatto di troppi stimoli, notizie, situazioni.
Non si può pensare che non abbia sentito un brivido lungo la schiena mentre, in piedi su di una cattedra, ci esortava a cambiare prospettiva, mentre diventava per sempre capitano mio capitano.
Ha sicuramente sentito la magia che abbiamo avvertito noi mentre un bimbo sperduto lo riconosceva, nonostante gli anni passati, tirandogli il viso in una sorta di sorriso e sorridendo a sua volta lo salutava dicendo eccoti qua Peter.
E cosa dire di quel Goooodmornig Vietnammmmmm così stridente e forzatamente allegro urlato nel bel mezzo di uno dei più grandi abomini e scelleratezza della storia umana. Un posto in cui la morte era di casa e il cinismo un modo per sopravvivere. Non ne siamo passati indenni noi, che abbiamo visto il ciak finale, chissà cosa deve essere stato calarsi in quella parte.
Per non parlare del suo psicologo alle prese con un geniale ragazzo a cui aprire il suo cuore per ottenere che lui facesse altrettanto. Anche se quel cuore conteneva lo strazio di una perdita senza senso con cui era impossibile arrivare ai patti.
E poi l'uomo bicentenario che si spegne per amore, il dottore che ha capito che un sorriso guarisce a volte di più di tante pastiglie e Mork, che non sarà stato così profondo ma ha fatto ridere una generazione e cambiato il significato alla parola nano.
Anche se, di tutto quello che ha fatto, e ha fatto tantissimo, quello che mi ha segnato di più è stato quando, con la forza delle disperazione, raggiunto il paradiso dopo la tragica fine dei suoi ragazzi, decide di scendere all'inferno per cercare la persona della sua vita che, ironia della sorte, è l'unica ad andarsene per scelta, incapace di sopportare il peso di un destino troppo pesante e devastante.
E, altra ironia, perché il karma non difetta di un terribile senso dell'umorismo, anche lei è un'artista.
Alla fine del film la trova e non riuscendo a smuoverla decide di rimanere con lei nel pozzo della sua disperazione, non sapendo che grazie a questa scelta la riporterà con sé nella luce.
La conclusione è stupenda.
Decidono di lasciare i loro ragazzi in paradiso e di rinascere.
Lei si preoccupa, teme di non ritrovarlo ma lui la rassicura ti ho trovata all'inferno, dici che non ti trovo nel New Jersey.
E la trova, perché le anime affini si trovano sempre.
Troppe emozioni ci hai regalato perché questo non ti toccasse dentro.
Buon viaggio e buon volo Robin...tornerai, in qualche modo lo farai, spero dal profondo del mio cuore che ci sia qualcuno disposto a scendere all'inferno per te fermamente intenzionato a riportarti su.