Quello che non cambiera' mai...

Rubo a Ligabue queste parole per fare a tutti loro un augurio: che il mondo possa essere all'altezza dei vostri sogni e se così non dovesse essere cambiatelo!
Li vedi arrivare sorridenti, carichi dell'estate trascorsa, abbronzati dentro, come se quel poco sole che ci è stato regalato l'avessero immagazzinato tutto loro.
Allegri, sfrontati, con i compiti finiti giusto ieri l'altro e l'incoscienza radicata negli occhi.
Quegli occhi vispi, pieni di sogni, stracolmi di futuro.
E tu non puoi non amarli da matti, non puoi non pensare che quelli lì, quelli che si abbracciano, quelli che si danno pacche sonore sulle spalle, quelli che si son magari sentiti via whatsapp a mezzanotte ma che si guardano come se vedessero un amico perso nel tempo, sono i padroni del tempo e saranno i padroni del mondo.
Le ragazze son cambiate, tre mesi a quest'età si sentono dentro, ti pare che abbiano lasciato a casa la bambina e si siano portate dietro solo quell'accenno d'adolescenza, folle e mutevole, in bilico tra la risata sguaiata e il pianto disperato, stanno per iniziare a capire cosa significa vivere una vita dominata dagli ormoni e dall'anima, da un cuore che fa a botte col cervello, dai sentimenti e razionalità pronti a fregarsi il posto a capo tavola.
Sono bellissime, con gli smalti colorati e i braccialetti d'elastico inseguendo una moda estiva che le ha accomunate anche nella distanza.
Le maglie scivolano a filo di spalla e cozzano con le scarpe da tennis slacciate e i calzoni militari.
Stupende nel loro essere né carne né pesce, nel loro essere una creatura mitologica a cavallo degli anni.
I ragazzi hanno piedi giganti, sproporzionati, come barche troppo grandi per un piccolo porto, voci in mutamento, alternano baritono e soprano con la maestria di cantanti lirici e tu rimani a guardarli pensando che metà del patrimonio genetico del futuro arriverà da loro.
Hanno calzoni corti, vite basse, pettinature scolpite dal gel o zazzere da beatles nostrani, sorrisi canzonatori ed espressioni beffarde, battute pronte e carte dei pokemon in tasca.
Che adesso è un tana liberi tutti e giocare alle figurine è sdoganato anche a vent'anni.
E suona la campana, se si ricordano tornano per un bacio veloce, un ciao volante e si lasciano inghiottire dalla scuola, che li fagocita.
E tu speri che li protegga anche, che li lasci liberi di crescere come stanno facendo, coi loro tempi e con i loro ritmi, le loro anime al vento e i loro pensieri incoerenti.
Che gli insegni quello che cerchi di insegnargli tu: a pensare con la loro testa.
Che capiscano che non c'è un'idea giusta o un giusto modo d'essere, ma ci sono la loro idea e il loro modo d'essere, nel rispetto di se stessi e del mondo.
Capiscano che cambiare idea è salutare è una manna dal cielo, che cambiare idea è vitale.
Magari per poi tornare indietro dandosi dei cretini.
Che questo è il tempo per iniziare a capire non cosa vogliono essere, ma chi vogliono essere.
E resti lì mentre gli ultimi entrano lentamente, chiacchierando e ti viene da piangere.
Perché questa è una cosa che non cambierà mai.
Cresceranno diventeranno donne e uomini ma il magone che senti dentro mentre lo fanno resta lo stesso.
Li vedi arrivare sorridenti, carichi dell'estate trascorsa, abbronzati dentro, come se quel poco sole che ci è stato regalato l'avessero immagazzinato tutto loro.
Allegri, sfrontati, con i compiti finiti giusto ieri l'altro e l'incoscienza radicata negli occhi.
Quegli occhi vispi, pieni di sogni, stracolmi di futuro.
E tu non puoi non amarli da matti, non puoi non pensare che quelli lì, quelli che si abbracciano, quelli che si danno pacche sonore sulle spalle, quelli che si son magari sentiti via whatsapp a mezzanotte ma che si guardano come se vedessero un amico perso nel tempo, sono i padroni del tempo e saranno i padroni del mondo.
Le ragazze son cambiate, tre mesi a quest'età si sentono dentro, ti pare che abbiano lasciato a casa la bambina e si siano portate dietro solo quell'accenno d'adolescenza, folle e mutevole, in bilico tra la risata sguaiata e il pianto disperato, stanno per iniziare a capire cosa significa vivere una vita dominata dagli ormoni e dall'anima, da un cuore che fa a botte col cervello, dai sentimenti e razionalità pronti a fregarsi il posto a capo tavola.
Sono bellissime, con gli smalti colorati e i braccialetti d'elastico inseguendo una moda estiva che le ha accomunate anche nella distanza.
Le maglie scivolano a filo di spalla e cozzano con le scarpe da tennis slacciate e i calzoni militari.
Stupende nel loro essere né carne né pesce, nel loro essere una creatura mitologica a cavallo degli anni.
I ragazzi hanno piedi giganti, sproporzionati, come barche troppo grandi per un piccolo porto, voci in mutamento, alternano baritono e soprano con la maestria di cantanti lirici e tu rimani a guardarli pensando che metà del patrimonio genetico del futuro arriverà da loro.
Hanno calzoni corti, vite basse, pettinature scolpite dal gel o zazzere da beatles nostrani, sorrisi canzonatori ed espressioni beffarde, battute pronte e carte dei pokemon in tasca.
Che adesso è un tana liberi tutti e giocare alle figurine è sdoganato anche a vent'anni.
E suona la campana, se si ricordano tornano per un bacio veloce, un ciao volante e si lasciano inghiottire dalla scuola, che li fagocita.
E tu speri che li protegga anche, che li lasci liberi di crescere come stanno facendo, coi loro tempi e con i loro ritmi, le loro anime al vento e i loro pensieri incoerenti.
Che gli insegni quello che cerchi di insegnargli tu: a pensare con la loro testa.
Che capiscano che non c'è un'idea giusta o un giusto modo d'essere, ma ci sono la loro idea e il loro modo d'essere, nel rispetto di se stessi e del mondo.
Capiscano che cambiare idea è salutare è una manna dal cielo, che cambiare idea è vitale.
Magari per poi tornare indietro dandosi dei cretini.
Che questo è il tempo per iniziare a capire non cosa vogliono essere, ma chi vogliono essere.
E resti lì mentre gli ultimi entrano lentamente, chiacchierando e ti viene da piangere.
Perché questa è una cosa che non cambierà mai.
Cresceranno diventeranno donne e uomini ma il magone che senti dentro mentre lo fanno resta lo stesso.