
io e la mia mamma primi anni settanta, si puo' infatti vedere sulla destra quella che sarebbe poi diventata l'ispiratrice del marchio Desigual, ricordo distintamente che ad ogni passo si sentiva chiaramente Hello sunshine in sottofondo....
Oggi ho assistito ad una rissa via facebook, cosa non rara, anzi, ma in questa c'era la voglia di colpire una categoria.
Una categoria che ormai ha le spalle larghe, che negli anni si e' sentita dire di tutto e di piu', a volte a ragione e a volte a torto.
Gli juventini.
Tanti nemici tanto onore, mi ripeteva mia mamma quando sbuffavo delle cattiverie, anche perche' non e' che la cosa mi sollevasse molto.
Io la juve la amo, sempre e da sempre, sono una che non puoi neanche prendere in giro quando le cose vanno male, sono gia' depressa abbastanza da sola.
Tento di essere obbiettiva, a volte ci riesco anche e rispetto tutti: non si sceglie di chi innamorarsi...mai.
Rispetto tutto perche' ho in comune tanto con tutti: con fiorentini milanisi, genoani e laziali....con tutti.
IO AMO IL CALCIO.
Amo il calcio e mi ripugna chi lo rovina. Si' va bene anche chi compra le partite, si' va bene anche con certe dirigenze bianconere, si' anche con chi ha comprato ma non si sa perche' le intercettazioni sono quella roba che adesso c'e'e eadesso non piu'.
Mi ripugna chi va allo stadio per affrancarsi dalla sua vita di merda e passa il tempo insultando, cercando rissa e sbeffeggiando i morti.
Quello che segue l'ho scritto qualche anno fa, in concomitanza con uno scandalo calcistico, scegliete voi quale , tanto va bene...
Rileggendolo direi che e' sempre tristemente attuale...
Mi piacerebbe che a leggerlo fossero interisti and co., cosi' per ricordare che anche una gobba puo' avere l'anima...
Io sono stata bambina in un periodo in cui il commodore 64 non era ancora comparso e il telefono cellulare e l' Ipad potevano essere concepiti solo in un racconto di Philp P. Dick.
C'erano bambole per le bambine a Natale e camion dei pompieri per i bambini.
D'estate c'erano le biglie: bellissime trasparenti di vetro con le eliche colorate all'interno e lucide di ceramica, piccole e velocissime o grandi e preziosissime.
Che meraviglia era la sera arrivare a casa con un bottino di una decina di biglie e un paio di biglioni, soprattutto se eri una bambina.
Se eri una bambina eri sottovalutata in partenza e quando si accorgevano dell'errore di valutazione era spesso troppo tardi.
In fondo non era difficile, bastava solo cambiare ogni tanto il giro, quando ricomparivi scattava la voglia di rivincita.
Non che vincessi sempre ma ero un osso duro.
E poi c'era lui, anzi c'erano loro.
I palloni, i palloni non mancavano mai.
Io poi avevo un papà che era stato una promessa e che quando scendeva in campo incantava il pubblico, capace di portarmi in giro per ore in macchina per andare a cambiare la valvola di un pallone di cuoio.
Come mi piacevano quelle gite, io e lui in macchina a cantare canzoni che , rompiballe com'ero, gli facevo ricominciare da capo ad ogni errore di testo; non si è mai lamento, ma neanch'io dei chilometri e quindi eravamo pari.
Quei peregrinare mi piacevano quasi come le domeniche allo stadio.
Andavamo a vedere di tutto.
Noi Juventini doc eravamo acritici
Essendo vicini a San Siro, non importava se la partita fosse Milan Napoli o Inter Cagliari, la domenica spesso si andava allo stadio.
Poi una domenica durante appunto un Inter Cagliari bruciarono degli striscioni davanti a noi, mio padre prese me sotto un braccio, mia cugina sotto l'altro e alzandoci di peso fece tutti i gradoni e ci portò fuori. Fu la fine di un'epoca.
Da allora si scelsero le partite a basso rischio: con i bambini non valeva la pena scommettere.
Ma l'amore rimase. Perché il calcio a casa mia era passione, sfottò, e condivisione.
Passione per undici ragazzi che ci mettevano l'anima, sfottò con quella cugina-sorella adorata e profondamente milanista e condivisione con papà mamma e soprattutto nonna.
Mia nonna: una delle più grandi tifose che io abbia mai conosciuto.
Talmente tifosa da dover, lei malata di cuore, mettere delle pastiglie per la tachicardia sotto la lingua prima di ogni incontro.
Incontro che passava continuando a urlare “ussignur i vegnan su! Stavolta ai ciapum!” scatenando le ira funeste di mio padre che sosteneva portasse rogna....era un cinematografo..era uno spettacolo nello spettacolo.
Ricordo perfettamente una mattina d'inverno di molti anni fa, era l'8 di dicembre del 1995.
La Juventus si era appena disputata la coppa intercontinentale contro l'Argentinos Junior, una delle partite più belle mai viste.
Laudrup che non cade per un rigore netto e segna da posizione impossibile, Platini sdraiato sul prato, 2-2 ,supplementari, rigori e la pubblicità delle Morositas che passavano in sovrimpressione, era infatti la prima partita passata dalle reti mediaset allora fininvest.
Finì che erano già le 6 del mattino passate, si giocava a Tokio e il fuso orario aveva fatto il resto.
Andammo così, io e mia madre a casa di mia nonna per festeggiare con lei.
La trovammo al buio, in cucina tra la parete e la stufa di ghisa bianca a legna.
Ci stava aspettando, aveva preso 2 pastiglie per dormire ma a nulla erano servite, si era comunque svegliata all'ora designata per il fischio d'inizio, ma non aveva avuto il coraggio di accendere la televisione e aveva iniziato ad aspettarci.
Vedendoci ci chiese solo “Alura?” rispondemmo “Abbiamo Vinto” e lei commentò “A fò ul cafè”: pragmatismo lombardo.
Quindi potete capire perché sono arrabbiata, gli anni sono passati e dopo mia nonna e mia mamma ho trovato altri compagni di emozioni.
Penso soprattutto a Carlo, forse l'uomo più buono e gentile che conosco il mio più caro amico, marito di Giuliana la mia buona coscienza, che condivide con me da vent'anni gioie e dolori della nostra squadra.
Carlo che ha cresciuto un figlio meraviglioso come lui e che da vent'anni mi regala, a Natale, il calendario della Juventus che ormai più che un calendario e un modo per sentirci uniti nell'affetto verso un credo comune.
E anche per lui che sono arrabbiata perché questa tristezza che è diventato il calcio non ci appartiene e ci depreda di un sacco di cose.
Io credo che di storie come la mia ce ne siano a milioni e che abbiamo tutti il diritto di arrabbiarci, anzi forse il dovere.
Io voglio poter dire di amare il calcio senza dover per forza sentire la gente che ama altri sport che mi snobba e sminuisce perché “è tutto truccato tutto finto”
Vorrei dirgli che non è il calcio a essere finto e truccato, uno sport non può essere finto.
Le persone possono essere false e truccate e hanno sporcato un bene che non era loro.
Una delle prime foto che ho dove cammino da sola è in piazza San Marco a Venezia, sto facendo scappare i piccioni.
Indosso una maglietta della Juve.
Ma avrebbe potuto essere del Milan, Udinese, Fiorentina (Inter no mia mamma non era una persona molto democratica e non avrebbe mai sfamato un'interista), e non sarebbe cambiato niente.
Ci hanno derubati tutti.
Anzi ci stanno derubando tutti ....
Oggi ho assistito ad una rissa via facebook, cosa non rara, anzi, ma in questa c'era la voglia di colpire una categoria.
Una categoria che ormai ha le spalle larghe, che negli anni si e' sentita dire di tutto e di piu', a volte a ragione e a volte a torto.
Gli juventini.
Tanti nemici tanto onore, mi ripeteva mia mamma quando sbuffavo delle cattiverie, anche perche' non e' che la cosa mi sollevasse molto.
Io la juve la amo, sempre e da sempre, sono una che non puoi neanche prendere in giro quando le cose vanno male, sono gia' depressa abbastanza da sola.
Tento di essere obbiettiva, a volte ci riesco anche e rispetto tutti: non si sceglie di chi innamorarsi...mai.
Rispetto tutto perche' ho in comune tanto con tutti: con fiorentini milanisi, genoani e laziali....con tutti.
IO AMO IL CALCIO.
Amo il calcio e mi ripugna chi lo rovina. Si' va bene anche chi compra le partite, si' va bene anche con certe dirigenze bianconere, si' anche con chi ha comprato ma non si sa perche' le intercettazioni sono quella roba che adesso c'e'e eadesso non piu'.
Mi ripugna chi va allo stadio per affrancarsi dalla sua vita di merda e passa il tempo insultando, cercando rissa e sbeffeggiando i morti.
Quello che segue l'ho scritto qualche anno fa, in concomitanza con uno scandalo calcistico, scegliete voi quale , tanto va bene...
Rileggendolo direi che e' sempre tristemente attuale...
Mi piacerebbe che a leggerlo fossero interisti and co., cosi' per ricordare che anche una gobba puo' avere l'anima...
Io sono stata bambina in un periodo in cui il commodore 64 non era ancora comparso e il telefono cellulare e l' Ipad potevano essere concepiti solo in un racconto di Philp P. Dick.
C'erano bambole per le bambine a Natale e camion dei pompieri per i bambini.
D'estate c'erano le biglie: bellissime trasparenti di vetro con le eliche colorate all'interno e lucide di ceramica, piccole e velocissime o grandi e preziosissime.
Che meraviglia era la sera arrivare a casa con un bottino di una decina di biglie e un paio di biglioni, soprattutto se eri una bambina.
Se eri una bambina eri sottovalutata in partenza e quando si accorgevano dell'errore di valutazione era spesso troppo tardi.
In fondo non era difficile, bastava solo cambiare ogni tanto il giro, quando ricomparivi scattava la voglia di rivincita.
Non che vincessi sempre ma ero un osso duro.
E poi c'era lui, anzi c'erano loro.
I palloni, i palloni non mancavano mai.
Io poi avevo un papà che era stato una promessa e che quando scendeva in campo incantava il pubblico, capace di portarmi in giro per ore in macchina per andare a cambiare la valvola di un pallone di cuoio.
Come mi piacevano quelle gite, io e lui in macchina a cantare canzoni che , rompiballe com'ero, gli facevo ricominciare da capo ad ogni errore di testo; non si è mai lamento, ma neanch'io dei chilometri e quindi eravamo pari.
Quei peregrinare mi piacevano quasi come le domeniche allo stadio.
Andavamo a vedere di tutto.
Noi Juventini doc eravamo acritici
Essendo vicini a San Siro, non importava se la partita fosse Milan Napoli o Inter Cagliari, la domenica spesso si andava allo stadio.
Poi una domenica durante appunto un Inter Cagliari bruciarono degli striscioni davanti a noi, mio padre prese me sotto un braccio, mia cugina sotto l'altro e alzandoci di peso fece tutti i gradoni e ci portò fuori. Fu la fine di un'epoca.
Da allora si scelsero le partite a basso rischio: con i bambini non valeva la pena scommettere.
Ma l'amore rimase. Perché il calcio a casa mia era passione, sfottò, e condivisione.
Passione per undici ragazzi che ci mettevano l'anima, sfottò con quella cugina-sorella adorata e profondamente milanista e condivisione con papà mamma e soprattutto nonna.
Mia nonna: una delle più grandi tifose che io abbia mai conosciuto.
Talmente tifosa da dover, lei malata di cuore, mettere delle pastiglie per la tachicardia sotto la lingua prima di ogni incontro.
Incontro che passava continuando a urlare “ussignur i vegnan su! Stavolta ai ciapum!” scatenando le ira funeste di mio padre che sosteneva portasse rogna....era un cinematografo..era uno spettacolo nello spettacolo.
Ricordo perfettamente una mattina d'inverno di molti anni fa, era l'8 di dicembre del 1995.
La Juventus si era appena disputata la coppa intercontinentale contro l'Argentinos Junior, una delle partite più belle mai viste.
Laudrup che non cade per un rigore netto e segna da posizione impossibile, Platini sdraiato sul prato, 2-2 ,supplementari, rigori e la pubblicità delle Morositas che passavano in sovrimpressione, era infatti la prima partita passata dalle reti mediaset allora fininvest.
Finì che erano già le 6 del mattino passate, si giocava a Tokio e il fuso orario aveva fatto il resto.
Andammo così, io e mia madre a casa di mia nonna per festeggiare con lei.
La trovammo al buio, in cucina tra la parete e la stufa di ghisa bianca a legna.
Ci stava aspettando, aveva preso 2 pastiglie per dormire ma a nulla erano servite, si era comunque svegliata all'ora designata per il fischio d'inizio, ma non aveva avuto il coraggio di accendere la televisione e aveva iniziato ad aspettarci.
Vedendoci ci chiese solo “Alura?” rispondemmo “Abbiamo Vinto” e lei commentò “A fò ul cafè”: pragmatismo lombardo.
Quindi potete capire perché sono arrabbiata, gli anni sono passati e dopo mia nonna e mia mamma ho trovato altri compagni di emozioni.
Penso soprattutto a Carlo, forse l'uomo più buono e gentile che conosco il mio più caro amico, marito di Giuliana la mia buona coscienza, che condivide con me da vent'anni gioie e dolori della nostra squadra.
Carlo che ha cresciuto un figlio meraviglioso come lui e che da vent'anni mi regala, a Natale, il calendario della Juventus che ormai più che un calendario e un modo per sentirci uniti nell'affetto verso un credo comune.
E anche per lui che sono arrabbiata perché questa tristezza che è diventato il calcio non ci appartiene e ci depreda di un sacco di cose.
Io credo che di storie come la mia ce ne siano a milioni e che abbiamo tutti il diritto di arrabbiarci, anzi forse il dovere.
Io voglio poter dire di amare il calcio senza dover per forza sentire la gente che ama altri sport che mi snobba e sminuisce perché “è tutto truccato tutto finto”
Vorrei dirgli che non è il calcio a essere finto e truccato, uno sport non può essere finto.
Le persone possono essere false e truccate e hanno sporcato un bene che non era loro.
Una delle prime foto che ho dove cammino da sola è in piazza San Marco a Venezia, sto facendo scappare i piccioni.
Indosso una maglietta della Juve.
Ma avrebbe potuto essere del Milan, Udinese, Fiorentina (Inter no mia mamma non era una persona molto democratica e non avrebbe mai sfamato un'interista), e non sarebbe cambiato niente.
Ci hanno derubati tutti.
Anzi ci stanno derubando tutti ....

io e il mio papa'