Ci son cose che non si possono spiegare.
Non si possono spiegare perché vanno oltre ogni logica terrena.
I cerchi nel grano, l'amore per i cavolini di bruxelles, perdonare ad libitum il fidanzato traditore, le diete a cui ci sottoponiamo per perdere 5 chili, facendoci venire un umore di merda e una tristezza atavica, e il tifo calcistico femminile.
Come si possa essere così incredibilmente devote a una bandiera e a undici uomini in mutande, ha a che fare più con la fede che con la ragione.
Perché se usassimo la ragione dopo 12 minuti altaleneremmo tra lo schifato e il divertito, passando per la compassione.
Partiamo dallo schifato.
Per 90 minuti più recuperi, sul nostro 55 pollici Hight Definiton ci becchiamo scaracchi, talmente convinti e mirati, che i conati sono superati solo dagli scarti repentini per schivarli, tanto son realistici.
Quando la salivazione è a posto c'è sempre quello che tappandosi una narice, svuota, credo il cervello, con un unico soffio convinto che ci ferma digestione e cuore.
Divertimento e compassione, poi, dovrebbero sempre avere la meglio.
Gli toccano una gamba, si tengono la testa; gli fanno un tunnel, l'azione dopo entrano come Ivan Drago su Rocky urlando ti spiezzo in due; l'arbitro estrae il cartellino, in undici, più due panchinari, vanno a esprimere rimostranze e solidarietà e poi c'è il migliore...lui, quello che è nella sua area a cercar papaveri, ma se vede da lontano un avversario, in area opposta, che accenna a discostare il braccio dal fianco di 5 centimetri, corre per 90 metri sventolando la mano chiedendo l'espulsione.
I bambini all'asilo, uguali: il compagno ti da un pizzicotto e tu mostri il morso del cane di due giorni prima a prova del misfatto; ti rubano la gomma e in secula seculorum gli fotterai le figurine; il tuo migliore amico viene beccato a copiare e tu giuri e spergiuri che hai visto tu, che non ha mai alzato la testa, salvo poi denunciare Giovanni l'infame, che una volta ha detto che ti fai ancora la pipì addosso, perché ha passato un biglietto a Anna.
Ai maschi queste cose piacciono, da sempre, da subito, hanno una soglia del disgustoso altissima, il gusto della ripercussione fisica potente, un lamento da trauma infinito, provato e riprovato con le mamme, che poverino guarda come sta, ma noi no.
Noi abbiamo lasciato ragazzi d'oro al primo accenno di scaccolamento, alla rissa fisica preferiamo quella verbale velenosa e velata, non alla Materazzi per capirci, sopportiamo mestruo e premestruo dalla più tenera età, anche se in quello spesso ci vendichiamo rovinando le altrui esistenze.
Comunque l'amore non si spiega.
Uomini e calcio sono un connubio perfetto, è palese che noi donne si vada più d'accordo col fosforo.
E allora perché?
Perché soffriamo, perché andiamo in ansia, ci vien la sbattella pre gara, ci trasformiamo in un amen da Audrey Hepburn a scaricatore di porto, con un'infinita fantasia nel coniare insulti coloriti, che riecheggeranno per sempre nelle orecchie degli astanti e tra le pareti della nostra vergogna?
Perché poi mentiamo spudoratamente? Io son 40 anni che dico una cosa, una cosa che fa tenerezza, è quasi poetica.
Prima delle partite racconto quanto prendermi per in giro in caso di sconfitta sia assolutamente inutile.
Non potrò mai stare peggio di così.
Che in fondo è anche vero, a livello bassamente teorico, a livello pratico in quei momenti potrei dire cose da vertenze penali.
Se state leggendo sperando che vi racconti il perché del connubio donne pallone, siete fuori strada.
Non c'è.
Se si usa la testa.
Ma la testa col calcio non serve.
Serve sapere che oggi un filo mi manca l'aria, che vorrei che fosse domani, perché quei 90 minuti mi fanno paura.
Però due minuti dopo vorrei vederla tutta a rallentatore perché voglio godermi in ogni secondo, per imprimermelo nella memoria e riviverlo, per poter dire a mia figlia, l'unica con la mia stessa passione, magari tra qualche anno, “oh ma tu ti ricordi cos'ha fatto Dany Alves al 25esimo?”
Perché noi donne di calcio siamo così: abbiamo memoria.
Abbiamo memoria per i minuti, per i secondi.
Di solito le donne di calcio son donne di sport.
E chi ama lo sport dà al tempo un valore diverso, sa che in un minuto puoi fare due cazzate e un capolavoro: e risolvere una partita.
Ma il calcio è di più.
È comunione, è scaramanzia, è saper leggere i segni e nel caso inventarseli.
Nel mio caso comunione finita la partita, che i maxi schermi mi fan tristezza e inibiscono la mia creatività locutoria.
Alla scaramanzia invece soccombo sempre, anzi colgo l'occasione per scusarmi ancora con Carlo per la finale del 96/97 contro il Borussia e per aver sbagliato l'inizio della rituale telefonata che ci scambiavamo prima del fischio arbitrale.
Lo so, lo so da me che è colpa mia quel 3 a 1 e ne porterò il peso per sempre.
Ma oggi abbiamo un segno, un segno scritto 5 anni fa.
È scritto sulla cartella clinica pre nascita di un bambino che ha visto solo scudetti bianconeri.
Un bambino che è nato sotto due stelle e adesso ne ha tre.
Un bambino magico.
Sicuramente è stato un messaggio tra la sua anima pura in formazione e il ginecologo.
Probabilmente è stato scritto in uno stato di semi-trans, quelle cose da veggente con la penna che comincia a muoversi da sola.
Altrimenti come si spiega quel CARDIFF buttato in mezzo a numeri e percentuali, ritrovato per caso da sua mamma pochi giorni fa?
Un appuntamento con il destino?
E quindi #itstime #finoallafine.
Ma...però...forse...
Se ci trovassimo per caso davanti alla prima presa per il culo preventiva della storia?
Oh nel caso la bandiera io la metto fuori...una rincorsa di 5 anni per sfotterci è sempre un primato!
P.S. E il primo precisetti che va su google e mi contestualizza il CARDIFF con cardiaco, differenziale, cardio frequenza o altro, lo faccio morsicare da Chiellini e vai a sapere se ha fatto l'antirabbica
Non si possono spiegare perché vanno oltre ogni logica terrena.
I cerchi nel grano, l'amore per i cavolini di bruxelles, perdonare ad libitum il fidanzato traditore, le diete a cui ci sottoponiamo per perdere 5 chili, facendoci venire un umore di merda e una tristezza atavica, e il tifo calcistico femminile.
Come si possa essere così incredibilmente devote a una bandiera e a undici uomini in mutande, ha a che fare più con la fede che con la ragione.
Perché se usassimo la ragione dopo 12 minuti altaleneremmo tra lo schifato e il divertito, passando per la compassione.
Partiamo dallo schifato.
Per 90 minuti più recuperi, sul nostro 55 pollici Hight Definiton ci becchiamo scaracchi, talmente convinti e mirati, che i conati sono superati solo dagli scarti repentini per schivarli, tanto son realistici.
Quando la salivazione è a posto c'è sempre quello che tappandosi una narice, svuota, credo il cervello, con un unico soffio convinto che ci ferma digestione e cuore.
Divertimento e compassione, poi, dovrebbero sempre avere la meglio.
Gli toccano una gamba, si tengono la testa; gli fanno un tunnel, l'azione dopo entrano come Ivan Drago su Rocky urlando ti spiezzo in due; l'arbitro estrae il cartellino, in undici, più due panchinari, vanno a esprimere rimostranze e solidarietà e poi c'è il migliore...lui, quello che è nella sua area a cercar papaveri, ma se vede da lontano un avversario, in area opposta, che accenna a discostare il braccio dal fianco di 5 centimetri, corre per 90 metri sventolando la mano chiedendo l'espulsione.
I bambini all'asilo, uguali: il compagno ti da un pizzicotto e tu mostri il morso del cane di due giorni prima a prova del misfatto; ti rubano la gomma e in secula seculorum gli fotterai le figurine; il tuo migliore amico viene beccato a copiare e tu giuri e spergiuri che hai visto tu, che non ha mai alzato la testa, salvo poi denunciare Giovanni l'infame, che una volta ha detto che ti fai ancora la pipì addosso, perché ha passato un biglietto a Anna.
Ai maschi queste cose piacciono, da sempre, da subito, hanno una soglia del disgustoso altissima, il gusto della ripercussione fisica potente, un lamento da trauma infinito, provato e riprovato con le mamme, che poverino guarda come sta, ma noi no.
Noi abbiamo lasciato ragazzi d'oro al primo accenno di scaccolamento, alla rissa fisica preferiamo quella verbale velenosa e velata, non alla Materazzi per capirci, sopportiamo mestruo e premestruo dalla più tenera età, anche se in quello spesso ci vendichiamo rovinando le altrui esistenze.
Comunque l'amore non si spiega.
Uomini e calcio sono un connubio perfetto, è palese che noi donne si vada più d'accordo col fosforo.
E allora perché?
Perché soffriamo, perché andiamo in ansia, ci vien la sbattella pre gara, ci trasformiamo in un amen da Audrey Hepburn a scaricatore di porto, con un'infinita fantasia nel coniare insulti coloriti, che riecheggeranno per sempre nelle orecchie degli astanti e tra le pareti della nostra vergogna?
Perché poi mentiamo spudoratamente? Io son 40 anni che dico una cosa, una cosa che fa tenerezza, è quasi poetica.
Prima delle partite racconto quanto prendermi per in giro in caso di sconfitta sia assolutamente inutile.
Non potrò mai stare peggio di così.
Che in fondo è anche vero, a livello bassamente teorico, a livello pratico in quei momenti potrei dire cose da vertenze penali.
Se state leggendo sperando che vi racconti il perché del connubio donne pallone, siete fuori strada.
Non c'è.
Se si usa la testa.
Ma la testa col calcio non serve.
Serve sapere che oggi un filo mi manca l'aria, che vorrei che fosse domani, perché quei 90 minuti mi fanno paura.
Però due minuti dopo vorrei vederla tutta a rallentatore perché voglio godermi in ogni secondo, per imprimermelo nella memoria e riviverlo, per poter dire a mia figlia, l'unica con la mia stessa passione, magari tra qualche anno, “oh ma tu ti ricordi cos'ha fatto Dany Alves al 25esimo?”
Perché noi donne di calcio siamo così: abbiamo memoria.
Abbiamo memoria per i minuti, per i secondi.
Di solito le donne di calcio son donne di sport.
E chi ama lo sport dà al tempo un valore diverso, sa che in un minuto puoi fare due cazzate e un capolavoro: e risolvere una partita.
Ma il calcio è di più.
È comunione, è scaramanzia, è saper leggere i segni e nel caso inventarseli.
Nel mio caso comunione finita la partita, che i maxi schermi mi fan tristezza e inibiscono la mia creatività locutoria.
Alla scaramanzia invece soccombo sempre, anzi colgo l'occasione per scusarmi ancora con Carlo per la finale del 96/97 contro il Borussia e per aver sbagliato l'inizio della rituale telefonata che ci scambiavamo prima del fischio arbitrale.
Lo so, lo so da me che è colpa mia quel 3 a 1 e ne porterò il peso per sempre.
Ma oggi abbiamo un segno, un segno scritto 5 anni fa.
È scritto sulla cartella clinica pre nascita di un bambino che ha visto solo scudetti bianconeri.
Un bambino che è nato sotto due stelle e adesso ne ha tre.
Un bambino magico.
Sicuramente è stato un messaggio tra la sua anima pura in formazione e il ginecologo.
Probabilmente è stato scritto in uno stato di semi-trans, quelle cose da veggente con la penna che comincia a muoversi da sola.
Altrimenti come si spiega quel CARDIFF buttato in mezzo a numeri e percentuali, ritrovato per caso da sua mamma pochi giorni fa?
Un appuntamento con il destino?
E quindi #itstime #finoallafine.
Ma...però...forse...
Se ci trovassimo per caso davanti alla prima presa per il culo preventiva della storia?
Oh nel caso la bandiera io la metto fuori...una rincorsa di 5 anni per sfotterci è sempre un primato!
P.S. E il primo precisetti che va su google e mi contestualizza il CARDIFF con cardiaco, differenziale, cardio frequenza o altro, lo faccio morsicare da Chiellini e vai a sapere se ha fatto l'antirabbica