grazie a Morandi e Baglioni...ho scelto questa perché una dovevo sceglierla e questa l'adoro... amore mio ma che gli hai fatto tu a quest'aria che respiro e come fai a starmi dentro ogni pensiero..
Si sentì gli occhi lucidi.
Ma non era tristezza, erano i ricordi che tracimavano, niente di devastante, un lento fluire dell’anima sulle guance.
Si trovò a pensare che forse non è vero che quando si invecchia si diventa più emotivi, sono solo i flashback di una vita vissuta con passione che cambiano posto.
Fino a ieri li incasellavi sotto la targa serenità e allegria e d’un tratto te li ritrovi accatastati su mancanze e malinconia.
Basta che uno dei personaggi principali non sia più con te, per scelta o decisione divina, non conta, il ricordo muta, ma anche solo che il tempo ti abbia cambiato, che una scena arrivi improvvisa mentre sei distratto, ti colpisca a tradimento e ti obblighi a ricordare quel che eri, da cosa sei passata per arrivare fin qui.
In un attimo era stata catapultata nella stanza da letto di una casa di montagna, col soffitto basso e le finestre minuscole, aveva una permanente anni 80 e la frangia bombata, un paio di shorts gialli e una canottiera colorata, l’altra i capelli, che lei invidiava da sempre, li aveva ricci di natura e un’abbronzatura che nella vita si poteva solo sognare.
Ma è così tra sorelle, una vita passata a desiderare l’altezza o la melamina o la simpatia d’altri.
È anche questo un modo per dire ti voglio bene…
E quelle due bene se ne volevano tanto.
Potevano passare pomeriggi interi sdraiate a pancia in giù su quel letto, coi piedi scalzi che si toccavano, s’incrociavano, s’infastidivano…
Stavano così, ipnotizzate dalla puntina del giradischi che solcava lo stesso 33 giri da giorni.
Avevano una tazza in mano e alternavano, sorsi di colazioni diverse allo stesso ritornello…strada facendo tu vedrai che non sei più da solo, strada facendo troverai anche tu un gancio in mezzo al cielo e sentirai la strada far battere il tuo cuore…vedrai più amore …vedrai.
E ne avevano visto tanto d’amore, tanto s’erano scambiato, a volte urlato, ma mentre guardava in alto cantando lo vide sempre lì…
Neanche il tempo di deglutire e quella voce la incatenò, una voce nota, la voce di uno che gli ricordava fisicamente suo padre e emozionalmente sua madre…pensava a una se stessa minuscola, seduta sulla tavola, cosa che adorava, alla voce di mamma che prima la rimproverava dicendole di non fare il vaso di fiori poi, contraddicendosi, le avvicinava la sedia per appoggiarci i piedini e si sedeva sulla tavola con lei cantandole una canzone di cui capiva poco, ma quel mondo di frutta candita e di disegni colorati a matita le pareva un posto bellissimo, un luogo che non avrebbe dimenticato mai più…
Sorrise giusto il tempo di essere scaraventata a quel giorno, quell’incauto acquisto non concordato con mamma e papà, lei che brava ragazza ubbidiente lo era per definizione, anche quando odiava esserlo, pensò che non per caso il primo colpo di testa era stato per il biglietto di un concerto.
Non poteva non andarci, il suo cantante preferito e il ragazzo dei sogni di tutta le ragazze della compagnia in una sera sola, lontana dal gruppo, con solo un amico vero a sostegno.
A casa c’erano state prima una sgridata e poi una mediazione logistica, il concerto era lontano bisognava arrivare e tornare soprattutto, e 15 anni allora erano molto pochi.
E poi lo stadio, i gavettoni dal secondo anello e gli idranti aperti perché il caldo era soffocante.
I calzoni tolti, per sopportare l’afa, dietro al muro di un bagno tra l’odore di piscio e birra, tanto la maglia era lunghissima da sembrare un vestito, le ore che non passavano mai e il cielo che iniziava a scurirsi …
Una stella, due, buio…palco acceso e l’unica stella era quella che cantava.
Le loro voci sempre più forti e qualcosa che prendeva lo stomaco, la prima volta che si sentiva parte di un tutto, vibrante di musica ed emozione.
I bis, i saluti le luci che si riaccendono e trovarsi stremati dal caldo, dalla giornata, da un turbine di cose conosciute per la prima volta.
Fuori cercare i suoi che erano venuti fin lì a prenderli, che dare fiducia va bene, ma a mezzanotte non si sa mai chi può esserci in giro.
E prima di trovarli quella mano, che voleva ma non sperava, che afferra la sua, lei non la muove e la lascia lì abbandonata tra quelle dita calde e le spunta un sorriso
Sorride anche adesso e pensa che aveva ragione suo padre stamattina, ha spesso ragione, ma stamattina di più.
Le aveva fatto tenerezza quando l’aveva chiamata e le aveva detto felice, oh mi raccomando stasera in piedi sul divano a cantare, si sentì sciocca per quel sentimento, adesso tenerezza la provava per se stessa che dopo tutti quegli anni ancora non aveva capito la potenza che ha la musica di evocare ricordi.
Si sentì gli occhi lucidi.
Ma non era tristezza, erano i ricordi che tracimavano, niente di devastante, un lento fluire dell’anima sulle guance.
Si trovò a pensare che forse non è vero che quando si invecchia si diventa più emotivi, sono solo i flashback di una vita vissuta con passione che cambiano posto.
Fino a ieri li incasellavi sotto la targa serenità e allegria e d’un tratto te li ritrovi accatastati su mancanze e malinconia.
Basta che uno dei personaggi principali non sia più con te, per scelta o decisione divina, non conta, il ricordo muta, ma anche solo che il tempo ti abbia cambiato, che una scena arrivi improvvisa mentre sei distratto, ti colpisca a tradimento e ti obblighi a ricordare quel che eri, da cosa sei passata per arrivare fin qui.
In un attimo era stata catapultata nella stanza da letto di una casa di montagna, col soffitto basso e le finestre minuscole, aveva una permanente anni 80 e la frangia bombata, un paio di shorts gialli e una canottiera colorata, l’altra i capelli, che lei invidiava da sempre, li aveva ricci di natura e un’abbronzatura che nella vita si poteva solo sognare.
Ma è così tra sorelle, una vita passata a desiderare l’altezza o la melamina o la simpatia d’altri.
È anche questo un modo per dire ti voglio bene…
E quelle due bene se ne volevano tanto.
Potevano passare pomeriggi interi sdraiate a pancia in giù su quel letto, coi piedi scalzi che si toccavano, s’incrociavano, s’infastidivano…
Stavano così, ipnotizzate dalla puntina del giradischi che solcava lo stesso 33 giri da giorni.
Avevano una tazza in mano e alternavano, sorsi di colazioni diverse allo stesso ritornello…strada facendo tu vedrai che non sei più da solo, strada facendo troverai anche tu un gancio in mezzo al cielo e sentirai la strada far battere il tuo cuore…vedrai più amore …vedrai.
E ne avevano visto tanto d’amore, tanto s’erano scambiato, a volte urlato, ma mentre guardava in alto cantando lo vide sempre lì…
Neanche il tempo di deglutire e quella voce la incatenò, una voce nota, la voce di uno che gli ricordava fisicamente suo padre e emozionalmente sua madre…pensava a una se stessa minuscola, seduta sulla tavola, cosa che adorava, alla voce di mamma che prima la rimproverava dicendole di non fare il vaso di fiori poi, contraddicendosi, le avvicinava la sedia per appoggiarci i piedini e si sedeva sulla tavola con lei cantandole una canzone di cui capiva poco, ma quel mondo di frutta candita e di disegni colorati a matita le pareva un posto bellissimo, un luogo che non avrebbe dimenticato mai più…
Sorrise giusto il tempo di essere scaraventata a quel giorno, quell’incauto acquisto non concordato con mamma e papà, lei che brava ragazza ubbidiente lo era per definizione, anche quando odiava esserlo, pensò che non per caso il primo colpo di testa era stato per il biglietto di un concerto.
Non poteva non andarci, il suo cantante preferito e il ragazzo dei sogni di tutta le ragazze della compagnia in una sera sola, lontana dal gruppo, con solo un amico vero a sostegno.
A casa c’erano state prima una sgridata e poi una mediazione logistica, il concerto era lontano bisognava arrivare e tornare soprattutto, e 15 anni allora erano molto pochi.
E poi lo stadio, i gavettoni dal secondo anello e gli idranti aperti perché il caldo era soffocante.
I calzoni tolti, per sopportare l’afa, dietro al muro di un bagno tra l’odore di piscio e birra, tanto la maglia era lunghissima da sembrare un vestito, le ore che non passavano mai e il cielo che iniziava a scurirsi …
Una stella, due, buio…palco acceso e l’unica stella era quella che cantava.
Le loro voci sempre più forti e qualcosa che prendeva lo stomaco, la prima volta che si sentiva parte di un tutto, vibrante di musica ed emozione.
I bis, i saluti le luci che si riaccendono e trovarsi stremati dal caldo, dalla giornata, da un turbine di cose conosciute per la prima volta.
Fuori cercare i suoi che erano venuti fin lì a prenderli, che dare fiducia va bene, ma a mezzanotte non si sa mai chi può esserci in giro.
E prima di trovarli quella mano, che voleva ma non sperava, che afferra la sua, lei non la muove e la lascia lì abbandonata tra quelle dita calde e le spunta un sorriso
Sorride anche adesso e pensa che aveva ragione suo padre stamattina, ha spesso ragione, ma stamattina di più.
Le aveva fatto tenerezza quando l’aveva chiamata e le aveva detto felice, oh mi raccomando stasera in piedi sul divano a cantare, si sentì sciocca per quel sentimento, adesso tenerezza la provava per se stessa che dopo tutti quegli anni ancora non aveva capito la potenza che ha la musica di evocare ricordi.