
C'è una cosa che accomuna chi eccede nella chirurgia estetica e gli ego riferiti, quelli che pare proprio vivano in Matrix e confidino nell'immagine residua che hanno di se stessi.
O almeno c'è una mancanza che accomuna le due categorie.
Ma partiamo con ordine.
Ho un sommo rispetto per chi ha difficoltà ad accettare il proprio corpo.
Credo sia una cosa molto intima e pericolosa, una cosa con origini ataviche che seminate nel terreno sbagliato può portare a disagi al limite, e oltre, del patologico.
In questi giorni l'argomento botulino e ritocchi è rimbalzato dai giornali ai blog: Renée Zellweger la Roxie Hart di Chicago, o per i più la pasticciona Bridget Jones, si è presentata completamente stravolta nei connotati, dichiarando di star meglio con se stessa.
Ecco se fosse stato per lei non avrei sprecato una pagina del blog, sarà che non mi è mai piaciuta, sarà che mi pare sia meglio adesso, ma ovviamente non è questo il punto.
Prima di lei Carlà Bruni, Nina Moric, Nicole Kidman e tantissime altre.
Ecco...io le capisco, credo che il gene femminile abbia in sé una sorta di incapacità ad accettare il proprio aspetto, capelli lisci, li vogliamo ricci, siamo basse vorremmo essere alte, siamo piatte vorremmo una quarta, abbiamo una quarta invochiamo il dio degli assi da stiro.
Eppure noi, con poche luminose eccezioni, nella vita ci siamo sentite dire più spesso che eravamo brave, e a volte neanche quello, e non quanto fossimo belle, nonostante questo ci vorremmo diverse.
Non posso immaginare una vita passata allo specchio, in cui tutto ruota intorno al nostro aspetto e al nostro apparire, non credo sia facile scoprire che l'immagine che abbiamo di noi si sta trasformando.
O almeno c'è una mancanza che accomuna le due categorie.
Ma partiamo con ordine.
Ho un sommo rispetto per chi ha difficoltà ad accettare il proprio corpo.
Credo sia una cosa molto intima e pericolosa, una cosa con origini ataviche che seminate nel terreno sbagliato può portare a disagi al limite, e oltre, del patologico.
In questi giorni l'argomento botulino e ritocchi è rimbalzato dai giornali ai blog: Renée Zellweger la Roxie Hart di Chicago, o per i più la pasticciona Bridget Jones, si è presentata completamente stravolta nei connotati, dichiarando di star meglio con se stessa.
Ecco se fosse stato per lei non avrei sprecato una pagina del blog, sarà che non mi è mai piaciuta, sarà che mi pare sia meglio adesso, ma ovviamente non è questo il punto.
Prima di lei Carlà Bruni, Nina Moric, Nicole Kidman e tantissime altre.
Ecco...io le capisco, credo che il gene femminile abbia in sé una sorta di incapacità ad accettare il proprio aspetto, capelli lisci, li vogliamo ricci, siamo basse vorremmo essere alte, siamo piatte vorremmo una quarta, abbiamo una quarta invochiamo il dio degli assi da stiro.
Eppure noi, con poche luminose eccezioni, nella vita ci siamo sentite dire più spesso che eravamo brave, e a volte neanche quello, e non quanto fossimo belle, nonostante questo ci vorremmo diverse.
Non posso immaginare una vita passata allo specchio, in cui tutto ruota intorno al nostro aspetto e al nostro apparire, non credo sia facile scoprire che l'immagine che abbiamo di noi si sta trasformando.

Altro discorso per gli ego riferiti.
Quelli che fanno i provini per i talent show, scrivono e divulgano poesie, allestiscono opere postmoderne delirando sulla metafisicità intrinseca del fagiolo borlotto.
Ecco, riguardo ad entrambe le categorie, mi chiedo, ma non ce l'hanno uno straccio di genitore, amico, marito, moglie, amante, prete compassionevole, lattaio confidente che li ferma?
Che gli dice , tesoro, siediti, parliamone.
Ma queste donne meravigliose dello spettacolo, non conoscono qualcuno che non stia loro accanto solo per godere di luce riflessa?
Nessuno di cui son certe, nessuno sul quale amore possano mettere la mano sul fuoco che le fermi e stia lì, immobile e risoluto a sfidare la loro ira, la loro rabbia.
Qualcuno che tenga più al loro bene che alla loro compiacenza?
E gli altri invece, il loro ego è così invadente da aver fatto piazza pulita intorno?
E non parlo di ragazzini, perché un ragazzino che si sente Fabri Fibra o John Legend non si farà certo smontare da una mamma che gli dice di lasciar perdere, ululerà su di un palco finché non lo tireranno giù a fischi, sto parlando di gente adulta.
Con questo non voglio dire che uno debba rinunciare ai propri sogni, ma se quando canti nella doccia il gatto si nasconde sotto al letto e il cane mette la testa sotto il cuscino magari due domande bisogna che tu te le faccia.
Sarà che non son mai sicura di nulla, che cerco l'approvazione e chiedo consigli, sarà che se un'amica mi dice una cosa ho la forse ingenua certezza che lo faccia nel mio interesse, ma questi interventi plastici al limite, queste imbarazzanti performance, mi fanno sempre un po' tristezza.
Mi pare che ci sia una solitudine di fondo, un essere un'isola a parte, in cui tutto il peso della vita grava sulle loro spalle, ogni decisione, ogni impulso.
Che ci sia l'incapacità di chi gravita intorno di poter dare una delusione e lenire l'amarezza che ne seguirà.
E se il problema è il super-io, fa lo stesso, è comunque un altro modo per essere soli.
A mio parere peggiore, nell'insicurezza qualcuno a volte riesce ad entrare.
In tutti e due i casi si tratta d'inseguire quello che non si è, quello che si vorrebbe essere, anche a costo di non riconoscersi più...anche a costo di restare soli in mezzo a tanta gente.